martedì 10 marzo 2015

COME AVVIENE UN CONSULTO? IL SIGNIFICATO DI UN SEGNO.


Vi suggerisco di pensare al vocabolario dei Tarocchi come ad un gioco. Un gioco (almeno io lo vedo così) che i linguisti hanno affermato per “chiarire” proprio questioni legate al significato lessicale dei segni/parole.

Infatti IL SIGNIFICATO DI UN SEGNO è il segno con cui può essere tradotto, cioè “un altro segno combinato al primo che lo renda più esplicito”. Allora il gioco consisterebbe nel partire da una parola/segno (“gatto”, oppure per noi da un semplice "arcano") e ARRIVARE AD UN SIGNIFICATO proprio attraverso lo svolgimento, attraverso il racconto di quel segno. Avremo così scritto un racconto, a partire da “un solo vocabolo”. In questo svolgimento scopriamo che nulla è per sé soltanto... e che “tigre” magari intrattiene una relazione con “pesce”. Come nel quadro di Dalì: “Sogno causato dal volo di un ape...”. “.. un attimo prima del risveglio”.

S. Dalì, Sogno causato dal volo di un ape..., 1944
 
Poi ci svegliamo. Riprendiamo il nostro consulto e ci accorgiamo che la "legge dei segni" è la medesima. Vale per gli arcani.
Ci ritroviamo con il seguente enigma. Sei al terzo posto significa: La contemplazione della mia vita decide tra progresso e regresso (I Ching)

Ecco allora il nostro schema generale dei Tarocchi con VI (cioè L'Innamorato) al posto di III (L'Imperatrice). Qualcosa vorrà pur dire.

 
                                                                                     VIII
                                       I   II  VI   IIII   V   III   VII
               X Mat                                                                                VIIII      xVIIII XX XXI
                                     xI xII xIII xIIII xV xVI xVII
                                                                                     xVIII



SAPPIATE CHE TUTTO QUESTO È UN LUNGO SUGGERIMENTO QUALORA VI TROVASTE AD AVERE A CHE FARE CON I DUE ARCANI SIMBIOTICI, ovverosia quando L'innamorato si posiziona al 3° grado della nostra Scala o Spada, grado che sarebbe occupato dal suo arcano originale, vale a dire L'imperatrice III.

Questa è una procedura complicata da assimilare poiché altamente simbolica. Ma ciò ci consente – come detto – di ARRIVARE AD UN SIGNIFICATO che sia utile far conoscere al consultante se è vero che lo schema complessivo dei Tarocchi (quello mostrato in numeri romani) rappresenta di lui il carattere, il comportamento e le motivazioni. In una parola, il suo stato psicologico.

È proprio del simbolo far sì che “un segno” (in questo caso un arcano) possa essere spiegato da “un altro segno che, combinato al primo, lo renda più esplicito”.

Sei verrà illustrato dal terzo, cioè L'Imperatrice III dirà qualcosa della specifica situazione affettiva che G. (il nostro consultante) sta vivendo – oppure che sta più o meno inconsciamente avvicinando.


PRIMO MESSAGGIO DEI TAROCCHI A G.
Intanto possiamo notare che il VI arcano è posto quale soggetto della frase. In una qualche misura è primo. Si può suggerire che a G. che:

  • l'«essere innamorato» è il punto d'inizio, o ciò che sta sotto, la sostanza. Ciò che conta veramente per la persona. Ciò di cui ci si deve occupare. Anche se magari questo “sentire” adesso è debole, oppure assente.
Diremo (al nostro consultante) che la sostanza autentica di ciascuna nostra “frase” (azione, gesto o percezione) dovrebbe essere sostenuta da quella chiara esperienza di innamoramento. È con «l'amore del mio desiderio d'amore», che posso infatti vivere una vita operosa e fantastica.

Ma quali saranno le caratteristiche di questo amore? (Chiede giustamente il nostro amico G.)






SECONDO MESSAGGIO DEI TAROCCHI
Vediamo che l'Imperatrice stessa è un predicato sicuro dell'essere innamorato (VI). I suoi tratti appartengono all'esperienza dell'amore. Anche se sarebbe meglio dire “dell'innamoramento”.

Ecco il nostro vocabolario prendere forma. Solitamente il terzo arcano può venire considerato:

  1. «un'esplosione creativa senza esperienza» (Jodorowsky).


  1. «l'energia dell'adolescenza con la sua forza vitale, la seduzione […], crescita, espressività» (Jodorowsky).

È infatti vero che l'innamoramento ci riporta in quella fase della vita in cui nuove forme e rinnovate configurazioni dell'esistenza non solo sono possibili, ma arrivano presto presto a manifestazione. Quasi fosse la vita un “rosso buttato nel petto”. Diretto, senza calcolo – senza esperienza. Non v'è nulla in questa dinamica che possa essere mediato, e forse poco, davvero poco ha da essere disciplinato. Tutto fluisce.


«Siamo al di là di ogni inquieto interrogarci. Noi non indugiamo, non attendiamo che l'idea si formi in noi» (Gibran)

G. a questo punto sa di non dovere temere questa nuova attitudine, quanto meno non dovrebbe contrastarla. Infatti una parte di sé richiede finalmente questo tipo di esperienza.


TERZO MESSAGGIO DEI TAROCCHI
Ancora... Osservandone IL NUMERO I I I (1+1+1) E. Caslant mette in evidenza la nozione di “successività”.

  • L'imperatrice simboleggia “il flusso”, “la corrente” «il passaggio evolutivo (l'adolescenza ecc.) da un piano ad un altro».

Con l'innamoramento dunque ci si eleva, si evolve. Si passa «da un piano ad un altro», «abisso sopra abisso». Come è detto nell'I CHING.

Di nuovo A. Jodorowsky:

  • «l'entrare incessantemente nella vita come una nascita perenne». È il senso dell'Imperatrice III.

Ora G. è in qualche modo più rassicurato sul fatto che quello che sta vivendo è una sorta di rinascita, perenne ed incessante. Il suo personale passaggio evolutivo.


Tornando all'I Ching... Sei al terzo posto significa:
che se G. riuscisse a contemplare/realizzare la sua vita sotto questi significati dell'amore, allora sarà in grado di decidere (sarà nella posizione di intraprendere) la via del progresso o del regresso.

Credo non sia poco sapere/poter decidere del proprio essere-in-divenire. Che dite?

INFINE
La sintesi mirabile di R. Wilhelm, nel suo commento al versetto dell'I Ching, fa il punto su tutto: sui temi che sono dell'innamoramento (VI) e della creatività (III).

Qualora avessimo il testo sotto mano potremmo leggerlo al nostro amico consultante, oppure fare in modo che lo scriva, affinché lo possa meditare assieme agli arcani dell'amore sopra descritti.


È un amore, questo, vissuto sotto il segno della creatività e della consapevolezza. L'imperatrice ha detto sì.

Questo è il posto della transizione.
Non si guarda più verso l'esterno
per ottenere immagini più o meno limitate
o confuse.

Ma si dirige la contemplazione su se stessi
per ricevere un orientamento per le proprie decisioni.

Appunto questo spostarsi della contemplazione
segna il superamento dell'ingenuo egoismo
di colui che contempla tutto dal suo punto di vista
personale.

Così si giunge alla riflessione e poi all'obiettività.

La conoscenza di sé
non consiste però nell'occuparsi dei proprio pensieri,
ma piuttosto degli effetti che partono da noi stessi.

Solo gli effetti ottenuti nella vita
danno una visione
che ci permette di decidere
se vi è progresso o regresso.
(R. Wilhelm)

martedì 10 febbraio 2015

JODOROWSKY: LOGICA TARO-LOGICA.


Esiste di fatto una “logica taro – logica”. Essa si basa sull'analogia che per me esiste tra linguaggio poetico – di per sé numinoso e misterico – con la lingua geroglifica dei tarocchi
In ciascuno di questi “sistemi di scrittura” possiamo ritrovare quella «disposizione interiore» (o “virtù nascosta”, significato “arcano”) che «si presenta come lo spirito più profondo della situazione esterna» (questa parole sono di Hölderlin). A dire che un aspetto esteriore dipende sempre da “qualcosa” che ad un livello diverso si muove. 
 
Jung scrive qualcosa di simile a proposito del “simbolo”:
"Perciò una parola o un'immagine è simbolica quando implica qualcosa che sta al di sotto del suo significato ovvio e immediato. Essa possiede un aspetto più ampio, «inconscio», che non è mai definito con precisione e mai compiutamente spiegato. […] Quando la mente esplora il simbolo, essa è portata a contatto con idee che stanno al di là della capacità razionali" (Jung)

Alejandro Jodorowsky (1929)
Quindi i due elementi da tenere in considerazione sono:
  • in primis la «disposizione interiore». L'Arcano vero e proprio: il simbolo nella sua estrema modulazione di significato e ricchezza di contenuto. Questo aspetto darà man forte in fase di consultazione: dove la modulazione è appunto estrema, tracciata sui binari della diversità di esperienza di ciascuno.
    La «disposizione interiore» è con ciò il serbatoio proficuo di messaggi che ogni arcano per natura possiede. Donde venga? Non so.

  • La «situazione esteriore». Secondo elemento. È il punto di unione: l'uno e l'altro assieme. Ossia riverbero di significati potenzialmente infiniti dell'arcano e loro definirsi “a misura” della situazione da descrivere in quel preciso momento.

Sottolineo soltanto che i due elementi trovano modo e possibilità di congiungersi se con “effetto poetico” diamo alle figure in effige sulla carta, una dimensione fantastica, quasi immaginifica. Così arriviamo a formulare un racconto nel quale personaggi più o meno astratti (dipende un po' dal temperamento di ciascuno) assumo la loro forza e consistenza.

È soprattutto Alejandro Jodorowsky il più abile e concreto narratore dei Tarocchi. Tant'è che egli dice di far addirittura parlare l'Arcano da se stesso. Come se la «disposizione interiore, pur mantenendo l'estrema modulazione di significato e ricchezza di contenuto, si rivelasse: divenendo l'interiore esteriore forma del contenuto.

È forse per questo che i suoi libri taro-logici sono tanto amati ??? Io vi invito con questo post a darci un occhio. Per ora chiudo e riapro il libro.

A. Jodorowsky, La Via dei Tarocchi, Feltrinelli


E se il Sole parlasse:
"Mi rinnovo continuamente. Mentre mi consumo do calore a ciascun filo d'erba, a ciascun animale: accetto che ciò venga chiamato Amore. Sparisco e ritorno ciclicamente. Inoltre, per entrare nel mio splendore, mi aspetto degli esseri umani che possano seppellire il loro passato e ricominciare una nuova vita. Li aiuterò a farlo. Là dove io splendo dissolvo il dubbio, entro negli angoli più oscuri dell'anima e li inondo di luce. Spinti dal mio alito, attraverserete il fiume delle pulsioni dementi e, purificati, giungere al luogo dove tutto cresce senza fatica".

domenica 8 febbraio 2015

BORGES E I TAROCCHI. LINGUAGGIO DI UN DIO?


Un altro aspetto dell'anima dei Tarocchi è che non la puoi definire. Si rimane semplicemente ad ascoltare il Delirio delle tante scritture. Noi e il vento. «Non vedeste – in quell'attimo – alcuna figura» (Deut. 4.15). 

Jorge Luis Borges (1899-1986)
 
È il paradosso delle carte, degli Arcani dei Tarocchi: produrre così tanta «capacità di visione», così tanto e tanto sapere messo sotto alcune semplici figure, da risultare il tutto semplicemente caleidoscopico e camaleontico. Irraggiungibile.

Ma come nel racconto di Borges, La scrittura del dio, il personaggio di Tzinacàn, mago della piramide di Qaholom, arriveremo presto a porci il dubbio: che una sentenza nei tarocchi è sempre scritta. Non è ancora tutta la verità – nemmeno per Borges che scrive la frase all'inizio di un racconto pieno di autentiche rivelazioni. Non lo è perché l'incipit dice un “Forse”.

Forse nel mio volto era scritta la magia, forse io stesso ero il fine della mia ricerca” (J.L. Borges, L'Aleph)

Già, è così. A tale significato lasciano presagire i tarocchi: “ciascuno di noi è il fine della propria ricerca”. Non lo sappiamo ancora fino in fondo. Del resto tutto ciò ci sfiora, così vicino da sembrare “noi”, proprio io e tu, tu ed io, anima del tarocco. Che rispecchia te. Nella più viva essenza di te.

Resta un “Forse”, come detto, un anelito, uno spazio che il Tarocco riempe con la sua inesauribile creatività, molto simile al linguaggio di un dio. Multi – strato, multi – evento, molte volte diverso. Sei di nuovo tu? Sono io? Noi?

Considerai che nel linguaggio di un dio ogni parola deve enunciare questa infinita concatenazione di fatti, e non in modo implicito ma esplicito, non progressivo ma immediato.”

Un dio – riflettei – deve dire solo una parola, e in quella parola la pienezza.”

Ombre o simulacri di quella voce che equivale a un linguaggio, sono le ambiziose e povere voci umane tutto, mondo, universo.” (J.L. Borges, Ivi)




Delirio – ripeto – delle scritture. Più nessuna figura rende il senso. Tutte però confermano un linguaggio.