Molti
sono gli elementi qabbalistici che possiamo riscoprire in
riferimento ai Tarocchi,
e la difficoltà di intraprendere uno studio che contempli le
«molteplici possibilità di significato» di ogni singolo Arcano,
sia esso maggiore o minore,
deriva anche da una tradizione di pensiero – quella ebraica – già
di per se stessa complessa.
La
Qabbalah è infatti una raffinata metafisica, le cui linee,
per altro generalissime, possono riguardare la possibilità
di un avvicinamento al Creatore. Possiamo
inziare col dire che il
Creatore è
la stessa Coscienza di
cui l'uomo ogni giorno vive; è
la nostra esperienza evolutiva, dunque non statica.
Non
esiste un attimo, un solo istante dell'esistenza riferito all'uomo che vive
in accordo col Creatore, che sia uguale al precedente. «Non
è questione di conoscibilità
– scrive M. Buber – ma di dedizione a ciò
che non si conosce».
Ogni attimo dunque, ogni percezione è una possibilità
di apprendere dal Nuovo,
dal sempre Nuovo e originale.
Questa dimensione della vita riguarda il Creatore. Nella sua
interezza non la si conosce ancora.
Tuttavia
pensate cosa puo' significare vivere tutte le nostre faccende
domestiche, percepirle come se esse fossero pervase
da un aurea di novità
perenne.
Quanta attenzione, quanta cura riverseremmo nel mondo.
È
in questo fondamentale
atteggiamento che
“incontriamo”
l'opera del Creatore. Più
precisamente quest'opera consiste ne
La
santificazione del mondano [che] è
l'impulso fondamentale dello Tzaddìk
(il «Giusto», n.d.r.). Il suo pasto è un sacrificio,
il suo tavolo un altare. Tutti i suoi passi conducono alla salvezza.
Di
uno Tzaddìk
si narra come, nella sua giovinezza, egli si recasse giorno dopo
giorno nei piccoli villaggi e commerciasse con i contadini; e che
ogni volta, quando tornava a casa e diceva la preghiera del
pomeriggio, sentisse tutte le membra pervase da un fuoco sacro. Egli
chiese al suo fratello più
anziano, che era anche il suo maestro, di che cosa si trattasse,
poiché
temeva che potesse provenire dal Male e che il suo servizio fosse
falso.
Il
fratello rispose: «Quando
tu percorri un campo e i tuoi sensi sono in uno stato di santità,
attrai tutte le scintille delle anime che sono nelle pietre, nelle
piante e negli animali, ed esse si purificano in te in fuoco sacro.
Cosa
ci rammenta questa storia chassidica, se non che la «creazione»
(di cui la creazione artistica è diretta conseguenza) sia pura
potenza di
(tras)Formazione e Purificazione?
La
mia ipotesi di lavoro è
la seguente: Se la «creazione» venisse riflessa
e il Creatore sentito interiormente
– e non è
detto che la preghiera dello Tzaddìk non ci stia insegnando proprio
questa intro-flessione
–, non ne verremmo forse coinvolti a
partire da quell'Io
che sta al centro dell'entità
umana?
L'Io
che, secondo la tradizione metafisica platonica (Intelletto, per
Platone), guida l'anima nel mare astrale delle emozioni. Ebbene,
senza di esso seremmo nel turbine, nel caos, e l'opera non sarebbe
più
creazione, ma il triste scenario dell'odierna realtà
geo-politica: stragi, attentati o pseudo-attentati, manipolazione
della coscienza, sfruttamento, capitalismo sfrenato.
LA
METAFISICA COME “INIZIO” E “GUIDA”
Si
intuiscono subito le
difficoltà, come
abbiamo detto in apertura, connesse all'intraprendere questo tipo di
studio. In effetti
l'«Io», l'«Essere», l'«è» o la «Coscienza», sono parole che
sfuggono ad una interpretazione comune, e quando a vari livelli se ne
discute sembra non si arrivi mai ad una chiara definizione. «Ma se
hai un inizio come guida – dice un adagio famoso – il sentiero
splende più luminoso della luce del sole».
Il
nostro inizio è una meta-fisica che dobbiamo
anzitutto avvicinare per (ri)sentire come vere le semplici parole:
Io, Coscienza, Dio ecc., tanto diffuse ma per nulla conosciute.
La
parola semplice (Io, ad esempio, n.d.r.), la parola del tempo antico
(«Essere», n.d.r) servirà proprio perché
contiene (secondo Heidegger) l'energia della percezione umana
iniziale.
In
altri termini, sia che si tratti di Tarocchi di Qabbalah o di
Filosofia, di Heidegger di Buber o di Jodorowsky, in queste poche
pagine ci stiamo occupando né più
né meno degli archetipi
fondamentali del nostro vivere.
Sono essi eterni e tuttavia puntuali nel qui e ora del nostro
vissuto.
La
metafisica riporta a loro, e soprattutto a colui che costituisce
l'ἀρχέτυπον
per eccellenza: qabbalisticamente parlando il Creatore. I Tarocchi ne custodiscono il messaggio profondo, che una volta appreso, servira' a risvegliare
(in coloro che si affidano con purezza e ragione) l'energia
della percezione umana iniziale,
il suo grande potere di (tras)Formazione.
METAFISICA
E ARCHETIPO
Una
meta-fisica che ha valore archetipico prende dunque in
considerazione gli “impulsi”, i “moventi”, le dinamiche
fondamentali che fungono da “primo modello” (archè)
al nostro agire psichico (pensieri) e materiale (atti).
Cosa
siamo in origine? Di questo si occupa la
meta-fisica. La domanda richiama ai motivi fondamentali che danno
struttura, senso, direzione alle nostre esperienze di vita concreta.
Se
infatti oggi creiamo cambiamento, specifiche modifiche nella nostra
realtà, non è
forse perché in noi un
archetipico del Creatore ispira e ci dispone allo stato d'animo
necessario alla creazione?
Perché
l'uomo sa essere creativo? Bella domanda.
Non
possiamo pensare che tale creatività,
tipicamente umana, non abbia forse una relazione diretta con l'uomo
evoluto, «portatore
dell'Io» (R.Steiner)? E
che, in quanto «portatore
dell'Io», l'uomo si
interroghi – quale unicum sulla terra – sulla proprie
«possibilità
d'essere» (Heidegger)?
D'esistere?
Sono
damonde aurorali, e proprio per questo si rivolgono agli archetipi.
Essi, se interrogati, mostrano dunque l'essenza
sostanziale delle cose sensibili,
o per meglio dire, «la
caratteristica fondamentale e più
intima»
(Grundzung,
cosi
intende la parola M. Heidegger).
Con
riferimento alla stessa Philosophia greca, gli archetipi
potrebbero
essere interpretati come «la
fondazione e la spinta modellatrice della storia»
individuale e «occidentale».
Essi
possono essere anche semplici metafore – in fondo che cos'è
l'archetipo del Creatore? –, ma come spiega A. Seppilli nel suo
fondamentale libro Poesia e Magia:
Tali
metafore ci dànno uno
strano senso di esaltazione, un godimento «estetico»,
come di una apertura di orizzonti, dove tutti gli esseri si precitano
ad incontrarsi, potenziandosi all'infinito: la maestà
dei grandi fenomeni di natura e l'intimità
della tragedia umana si compenetrano e si intensificano a vicenda.
«Potenziamento
all'infinito», qabbalisticamente
parlando “il Piacere del Creatore”; «esaltazione”, ossia un
alto livello di consapevolezza che avvicina l'uomo al senso del
divino; la «maestà dei grandi fenomeni»
sentiti interiormente, nell'«intimità
della tragedia umana», sono
tutte esperienze reali che una metafisica qabbalistica dei
Tarocchi permette ai suoi scopritori.
COME
INTERPRETARE L'ARCHETIPO DEL “CREATORE”
Sebbene
tutto ciò riguardi
l'archetipo del Creatore (vedi l'Arcano XVIIII, Le Soleil)
questo non fa dell'uomo una semplice creatura, poiché
la figura stessa del
Creatore non è qui
intesa, cioè alla luce della Qabbalah, come se fosse una sorta di
grande eterno genitore partoriente il proprio figliolo, indifeso
rispetto alle forze del male.
Mosé
Maimonide, nel capitolo
1 della sua monumentale opera, sconfessa subito questo
fraintendimento (Creatore-genitore-creatura) che ancora oggi infesta
ogni sana concezione della divinità.
Sicché
occorre aggiornare i nostri argomenti su Dio a partire
quantomeno da un libro, La guida dei perplessi, scritto tra il
1180 e il 1190. È un aggiornamento
a ritroso, e dunque paradossale, ma che oggi, in epoca di menzogna
universale, sarebbe molto salutare … qualora volessimo conoscere
e non soltanto credere.
Dunque
nel libro La guida dei perplessi apprendiamo
che
La
gente pensa che “immagine” [selem] nella
lingua ebraica, designi la figura della cosa e la sua configurazione,
e questo si avvicina all'antropomorfismo puro, perché la Bibbia
dice: “Facciamo l'uomo a Nostra immagine e somiglianza”.
Essi
pensano che Dio […] sia
in forma umana: ne
consegue l'antropomorfismo puro (un corpo dotato di una faccia e di
una mano), che considerano una credenza religiosa pensando che, se
l'abbandonassero, smentirebbero il testo biblico …
Non
è così!
Il
significato di tutto questo – scrive ancora Maimonide – si
apprende da quest'opera (La guida dei perplessi, n.d.r.)
Quest'opera
che, né più né meno, è l'opera
dei Tarocchi,
consisterebbe nel restituire
il pieno significato della divinità accolta e semmai
partorita dentro ciascun essere, e propriamente nell'uomo, «la
cui forma (immagine di Dio, n.d.r.) è
ciò da cui deriva la comprensione
umana».
Siamo
divini in un primo senso, quando
l'immagine [selem] riferita ad un Dio restituisce una comprensione
umana autentica.
Questo
è il Dio rivelato dai
Tarocchi: comprensione
umana autentica – autenticamente umana, cioè portatrice di valori
umani come l'intelligenza intuitiva, il pensiero teorico, l'umiltà,
la capacità di giudizio, la sincerità;
ma anche l'infinito potenziamento, l'esaltazione non prevaricante
bensì interiore, umana, amorevole.
Sicché
l'intima essenza
(Dio),
la più profonda
conoscenza (Dio)
che ciascuno può realizzare di se stesso, crea – stando alla
Qabbalah e ai Tarocchi – in quella stessa anima un'immagine
divina, che è quanto
di più naturale l'uomo possa sentire di se stesso.
Ecco
Dio alla luce di una Tradizione seria, letta e interpretata con la
giusta onestà
intellettuale.
Per
la Qabbalah si diventa si Creatori nell'imparare a
stare intimamente bene con se stessi,
e come vedremo fra un attimo, tale «intimità»
riguarda la naturalezza
nuovamente acquisita dall'uomo nei termini di ciò che i qabbalisti
chiamano Piacere.
Occorre
sottolineare che questa condizione l'uomo ha in sé (avvicinamento al
Creatore), in origine,
e costituisce prima di una sua brutale perversione, quella che
Maimonide riferisce essere la
«forma naturale», Selem, immagine autentica di sé.
L'archetipo
del Creatore.
Quanto
a immagine questo nome viene dato alla «forma naturale», ossia alla
sostanza della cosa, grazie alla quale la cosa diventa cio che è;
essa costituisce la realtà della cosa in quanto è quell'ente
determinato.
[…]
è a motivo di tale comprensione intellettuale che si dice dell'uomo:
“a immagine di Dio Egli lo creò”.
Comprendiamo
inoltre che quel Dio
archetipico che incontrò Mosé
sul monte si chiamava stranamente: “Io Sono – colui che Sono”;
sicché per diretta filiazione: ciascun uomo è tale, pienamente
realizzato, quando naturalmente
– secondo un processo
naturale – diventa ciò che è. Assume dunque quella Forma ritenuta
naturale. A pieno diritto, bello o brutto che sia, quell'uomo è in
pari tempo Dio.
PER
UNA SANA CONSULTAZIONE TAROLOGICA
In
altri termini, più filosofici... potremmo dire che se l'uomo
realizzasse di sentire se
stesso – ciascuno il
proprio Sé – in quanto assoluto, simile al Creatore, allora, in
pari tempo, egli sarebbe totalmente
«libero per il proprio poter essere» (Heidegger). Così
sostiene la
filosofia. È lo stesso contenuto di pensiero dei qabbalisti quando
riferiscono ciò all' “immagine di Dio”, un'immagine che non
riflette però
caratteri antropomorfici.
Alla
filosofia va inoltre aggiunta l'indicazione di un mistico. E
quest'ultima è un punto di riferimento utile ad una sana
consultazione tarologica.
In un certo senso a valore pratico: i Tarocchi ci permettono, grazie
al loro complesso sistema simbolico di
[…]
vedere le cose come sono senza autocommiserazione, senza il desiderio
di cambiare, niente altro che osservare – significa avere spazio.
È
però uno spazio interiore, un
vuoto,
che il Tarocco, come la Qabbalah richiedono e favoriscono, grazie ad
una pratica poderosa ma
impotente senza gli
elementi di conoscenza fin qui richiamati.
Come
riescono i Tarocchi a «renderci liberi», ciascuno libero «per il
proprio poter essere»? E dunque come fanno a farci (ri)assumere
quella «forma naturale», il Selem? Il Creatore che è in noi? fuori
e dentro di noi?
Con
il fatto puro e semplice di praticarli. Praticate
i Tarocchi avendo come
Fine questi elementi di conoscenza che costituisco lo scopo
dell'azione tarologica. Uno scopo “per”, “in vista' della
libertà dell'Altro. Solo con questo Fine avrete in premio
la vostra stessa libertà.
Semplicemente
la “riceverete”. In effetti Qabbalah è
un termine ebraico che vuole dire una cosa altrettanto semplice,
ossia: ricevuta.
Ritroviamo lo stesso concetto altrove, nello yoga: “Tutto quello
che do agli altri lo do in pari tempo a me stesso. Tutto quello che
tolgo agli altri lo tolgo a me stesso”
Il
Creatore sarà in noi
pienamente avvertito quando
riusciremo, presto o tardi che sia, a far evolvere
in ciascuno il proprio desiderio
(cioè l'energia essenziale), fino al punto di auto-percepirsi come
“colui che infine sa donarsi”, senza
condizioni. È
questo che sostiene la Qabbalah. Il più
intimo e sentito Piacere implica un'evoluzione del proprio
desiderare/domandare.
Chiedi
e ti sarà
dato.
Puoi
iniziare col farlo Tu, per primo praticando e amando i 22 Arcani
Maggiori, così come le 22 lettere del'alfabeto ebraico.
Shalom
:)
Michel
pelucchi
25092016