mercoledì 22 marzo 2017

I TAROCCHI DI GIOTTO


Ma per favore … Giotto a differenza del Mantegna non ci ha lasciato alcun arcano che si possa ritener tale, ossia appartenente al novero delle ventidue lamine sacre. Queste ultime sono i cosiddetti Arcani Maggiori, i Trionfi, le Carte emblematiche o Grandi Atouts.

“Rappresentazioni figurate” che più di tutte danno un'identità specifica al mazzo dei Tarocchi (composto complessivamente da altri 56 arcani minori).







Giotto non ha mai disegnato i Tarocchi, ma egli, nel 1300 comincia una rivoluzione pittorica e filosofica che porta l'immagine, la sua immagine del mondo, a rappresentare le figure sante (dei santi e del Cristo) con grande “senso umano”.

Come ci insegna Vittorio Sgarbi, gli episodi narrati dalla pittura di Giotto sono “episodi di vita reale”, nei quali noi vi riconosciamo “verità d'azione, di sentimenti e di pensieri”.

L'umano è dunque messo al centro a significare l'appartenze del divino alle cose di quaggiù; a dire che in quel vissuto Dio si fa presenza: la sua totalità espressiva trova le forme dell'umano per poter agire. Da questa azione noi di fatto impariamo a celebrare la nostra stessa vita.

Nel dipinto dedicato a San Francesco "che dona il mantello ad un povero", il pittore (Giotto o Pietro Cavallini? non lo sappiamo con certezza) mostra il santo al centro: centro di un'umanità ristabilità dal gesto di donare il mantello ad un povero cavaliere ormai ridotto al lumicino.

La convergenza delle linea delle montagne fa associare la potenza di queste alla non meno potente espressione di un gesto che in definitiva è quello dell'amore universale.

Il messaggio più o meno è il seguente: «Io Francesco che sono potente – e dunque umile – dono a te, che sei in difficoltà, il segno del mio potere". Questo è un atto rivoluzionario che solo la più alta concezione di una cultura poteva esprimere attraverso un'unica e semplice immagine.

Questo dipinto, databile tra il 1296 e 1299, rientra a buon diritto tra gli arcani maggiori dei tarocchi. Esso ispira la Bellezza e la Spontaneità del gesto che le Carte, nella modalità specifica di una sintesi iconica estrema, ci aiutano ad esprimere... con il risultato che la nostra azione umana, presto o tardi diventerà divina.


Michel pelucchi, filosofo e tarologo.
22 mar 2017

giovedì 26 gennaio 2017

XX LE IUGEMENT, PRATICARE GLI ARCANI


Sappiate che sbaglieremmo a considerare Le Iugement come “giudizio”, nel senso “io giudico te per questa cosa che hai fatto oppure no”.

I Tarocchi ci mostrano (espressione della Vita superiore) come trasformare ogni logica conflittuale in opera di Bellezza e Creatività.

 


Dobbiamo avere ben presente in noi che il conflitto, la guerra a tutti i livelli dell'esistenza è spegnimento delle energie vitali.

Chi è in lotta perenne mette in moto le sole energie del sistema (non a caso, sic!) nervoso. Il circuito elettrico del cervello.

Il Cuore, le energie del sentire a questo punto dove le mettiamo? Perché le trascuriamo? Come le esprimiamo?

Ecco un'indicazione pratica dall'Arcano XX, su come riattivare dentro di noi le energie sottili dell'Anima cosciente.





Una volta al giorno, da ripetersi a fine giornata. Prima di andare a dormire.

« Sappi che tutto quello che senti in Te è energia, ossia uno specifico e preciso lavoro dello Spirito dentro (anima) e fuori (corpo) di Te » Rifletti.

« Sappi che il compito è mettersi in ascolto di questa energia. Non è paura, non è lotta, non è angoscia come la “falsa mente” vuol farti credere ». Rifletti.

« Ascolta, e con l'Io più grande (con Dio in te) fai di questa energia un uso diretto, destina ogni tuo pensiero al Bene Universale. Non sai cos'è il Bene? Rinuncia ad ogni pretesa ragione. È in Te, il Bene è in Te. » Scrivilo.

« Fai in modo che quell'Io, in Te si unisca alla Volontà Cosmica (Cosmico, ossia “Ciò che interessa necessariamente a ciascuno di noi”, I. Kant) ». Studia.

« Renditi conto di quest'Unione con la Volontà, poiché la tranquilla e somma potenza della Vita è custodita nell'Universo che ti attornia.» Rifletti.


« Sappi inoltre che l'arte che dovrai padroneggiare sarà il “morire ad ogni istante” – non è una semplice metafora». Rifletti e amati per questo.

Urla, perché urlare in senso metafisico è dire la verità, ridere la verità. Urla anche con la gola e con i polmoni. 
 
« Lo scopo – scrive P. Valéry – non deve essere fare una certa opera, ma fare in se stessi colui che è capace di fare, di poter fare – quell'opera » (Cahiers)


Michel
26 gennaio 2017