martedì 10 febbraio 2015

JODOROWSKY: LOGICA TARO-LOGICA.


Esiste di fatto una “logica taro – logica”. Essa si basa sull'analogia che per me esiste tra linguaggio poetico – di per sé numinoso e misterico – con la lingua geroglifica dei tarocchi
In ciascuno di questi “sistemi di scrittura” possiamo ritrovare quella «disposizione interiore» (o “virtù nascosta”, significato “arcano”) che «si presenta come lo spirito più profondo della situazione esterna» (questa parole sono di Hölderlin). A dire che un aspetto esteriore dipende sempre da “qualcosa” che ad un livello diverso si muove. 
 
Jung scrive qualcosa di simile a proposito del “simbolo”:
"Perciò una parola o un'immagine è simbolica quando implica qualcosa che sta al di sotto del suo significato ovvio e immediato. Essa possiede un aspetto più ampio, «inconscio», che non è mai definito con precisione e mai compiutamente spiegato. […] Quando la mente esplora il simbolo, essa è portata a contatto con idee che stanno al di là della capacità razionali" (Jung)

Alejandro Jodorowsky (1929)
Quindi i due elementi da tenere in considerazione sono:
  • in primis la «disposizione interiore». L'Arcano vero e proprio: il simbolo nella sua estrema modulazione di significato e ricchezza di contenuto. Questo aspetto darà man forte in fase di consultazione: dove la modulazione è appunto estrema, tracciata sui binari della diversità di esperienza di ciascuno.
    La «disposizione interiore» è con ciò il serbatoio proficuo di messaggi che ogni arcano per natura possiede. Donde venga? Non so.

  • La «situazione esteriore». Secondo elemento. È il punto di unione: l'uno e l'altro assieme. Ossia riverbero di significati potenzialmente infiniti dell'arcano e loro definirsi “a misura” della situazione da descrivere in quel preciso momento.

Sottolineo soltanto che i due elementi trovano modo e possibilità di congiungersi se con “effetto poetico” diamo alle figure in effige sulla carta, una dimensione fantastica, quasi immaginifica. Così arriviamo a formulare un racconto nel quale personaggi più o meno astratti (dipende un po' dal temperamento di ciascuno) assumo la loro forza e consistenza.

È soprattutto Alejandro Jodorowsky il più abile e concreto narratore dei Tarocchi. Tant'è che egli dice di far addirittura parlare l'Arcano da se stesso. Come se la «disposizione interiore, pur mantenendo l'estrema modulazione di significato e ricchezza di contenuto, si rivelasse: divenendo l'interiore esteriore forma del contenuto.

È forse per questo che i suoi libri taro-logici sono tanto amati ??? Io vi invito con questo post a darci un occhio. Per ora chiudo e riapro il libro.

A. Jodorowsky, La Via dei Tarocchi, Feltrinelli


E se il Sole parlasse:
"Mi rinnovo continuamente. Mentre mi consumo do calore a ciascun filo d'erba, a ciascun animale: accetto che ciò venga chiamato Amore. Sparisco e ritorno ciclicamente. Inoltre, per entrare nel mio splendore, mi aspetto degli esseri umani che possano seppellire il loro passato e ricominciare una nuova vita. Li aiuterò a farlo. Là dove io splendo dissolvo il dubbio, entro negli angoli più oscuri dell'anima e li inondo di luce. Spinti dal mio alito, attraverserete il fiume delle pulsioni dementi e, purificati, giungere al luogo dove tutto cresce senza fatica".

domenica 8 febbraio 2015

BORGES E I TAROCCHI. LINGUAGGIO DI UN DIO?


Un altro aspetto dell'anima dei Tarocchi è che non la puoi definire. Si rimane semplicemente ad ascoltare il Delirio delle tante scritture. Noi e il vento. «Non vedeste – in quell'attimo – alcuna figura» (Deut. 4.15). 

Jorge Luis Borges (1899-1986)
 
È il paradosso delle carte, degli Arcani dei Tarocchi: produrre così tanta «capacità di visione», così tanto e tanto sapere messo sotto alcune semplici figure, da risultare il tutto semplicemente caleidoscopico e camaleontico. Irraggiungibile.

Ma come nel racconto di Borges, La scrittura del dio, il personaggio di Tzinacàn, mago della piramide di Qaholom, arriveremo presto a porci il dubbio: che una sentenza nei tarocchi è sempre scritta. Non è ancora tutta la verità – nemmeno per Borges che scrive la frase all'inizio di un racconto pieno di autentiche rivelazioni. Non lo è perché l'incipit dice un “Forse”.

Forse nel mio volto era scritta la magia, forse io stesso ero il fine della mia ricerca” (J.L. Borges, L'Aleph)

Già, è così. A tale significato lasciano presagire i tarocchi: “ciascuno di noi è il fine della propria ricerca”. Non lo sappiamo ancora fino in fondo. Del resto tutto ciò ci sfiora, così vicino da sembrare “noi”, proprio io e tu, tu ed io, anima del tarocco. Che rispecchia te. Nella più viva essenza di te.

Resta un “Forse”, come detto, un anelito, uno spazio che il Tarocco riempe con la sua inesauribile creatività, molto simile al linguaggio di un dio. Multi – strato, multi – evento, molte volte diverso. Sei di nuovo tu? Sono io? Noi?

Considerai che nel linguaggio di un dio ogni parola deve enunciare questa infinita concatenazione di fatti, e non in modo implicito ma esplicito, non progressivo ma immediato.”

Un dio – riflettei – deve dire solo una parola, e in quella parola la pienezza.”

Ombre o simulacri di quella voce che equivale a un linguaggio, sono le ambiziose e povere voci umane tutto, mondo, universo.” (J.L. Borges, Ivi)




Delirio – ripeto – delle scritture. Più nessuna figura rende il senso. Tutte però confermano un linguaggio.

A COSA SERVONO I TAROCCHI ?

Tarocchi alla Mano.

I Tarocchi non dicono mai nulla del futuro, se non ciò che è già contenuto nel presente. Siamo in viaggio.

A questo punto, dobbiamo capire che noi seminiamo tutto, anche le nostre finzioni, gli inganni e le imposture.
Sicché, il lavoro del tarologo consiste nel vedere ciò che sfugge, ossia la “sempre doppia natura della persona” (quella integra e vitale, e “l'altro”, il demone). Occorre vedere per sintonizzare il consultante sull'aspetto germinativo, sulla parte nobile e i semi in essa contenuti.

Non esiste affatto una pre-visione di possibilità se prima non vi sia stata una pura-visione di ciò che la persona “è” (o crede di essere) nonostante se stessa.
Pascal: “Dobbiamo amare qualcosa che stia dentro di noi e che non sia noi”.
Hobbes: “Spesso la profezia è la causa principale dell'evento profetizzato”.